UN MAESTRO BURATTINAIO
I burattini e la scuola di Sorrivoli.
Sono arrivato nella scuola materna di Sorrivoli nel 1984 e avevo già fatto esperienza con i burattini.
Ho iniziato nei primi tempi a costruirmi tutta una serie di burattini di gommapiuma e cartapesta, realizzati con il riutilizzo di materiali. Ancora oggi uso questi burattini con i bambini quando, come direttore didattico, vado in visita nelle scuole.
Devo premettere che ho sempre creduto molto al discorso delle fiabe ed in particolare alle fiabe tradizionali, dove trovo molto significativa l’interpretazione di Bruno Bettelheim.
Le fiabe tradizionali, secondo me, sono strumento per la risoluzione dei conflitti interiori del bambino. Ho iniziato, quindi, la mia esperienza didattica e teatrale raccontando attraverso i burattini le fiabe della tradizione. Non ho portato il burattino tradizionale, che pure fa rivivere conflitti, ma ho presentato il burattino delle fiabe, quindi “Cappuccetto Rosso”, “Hansel e Gretel”, “Biancaneve e i sette nani”. I burattini, infatti, hanno la capacità di esteriorizzare tutta una serie di conflitti interiori, di renderli ancora più evidenti così da facilitarne il superamento.
Vorrei ora precisare cosa intendo con il termine di burattino tradizionale. In italiano esistono maniere diverse per definire i burattini.
Come si definiscono.
Si chiamano marionette quelle mosse e animate coi fili dall’alto, si dicono fantocci o pupazzi quelli che s’infilano da sotto o che vengono tenuti e manovrati da delle stecche. Si dice burattino il pupazzo a guanto, che viene animato dalle mani infilate nel cosiddetto “buratto”. Poi ci sono le ombre.
Nell’accezione di burattino, io intendo tutte queste realtà. Infatti, secondo il mio punto di vista, burattino è in italiano l’elemento che unisce tutte queste realtà, anche se “burattino” è quello mosso a guanto. Per questo motivo i bambini della scuola materna di Sorrivoli chiamano burattini praticamente tutti i personaggi animati.
Nell’ultimo periodo della mia esperienza di maestro di scuola materna ho utilizzato molto i burattini a vista. Quando ero solo in sezione, senza la compresenza della collega, facevo i burattini su di un tavolo con pupazzetti di cartoncino o di compensato che muovevo a vista. I bambini chiamano anche questi burattini.
Per il bambino, burattino è un termine “onnicomprensivo”.
I burattini a scuola: angoli, spazi e momenti specifici.
Dopo diversi anni di esperienza, abbiamo realizzato un vero contenitore, si potrebbe dire un armadio, dove vengono riposti tutti i burattini. I burattini sono di diverso tipo. Analizzando i burattini della tradizione, abbiamo dei personaggi che possono intervenire in più storie (il carabiniere, la morte, il giudice, Fagiolino, Sandrone …). Nelle fiabe tradizionali, invece, ogni storia deve avere la sua compagine di burattini.
Il lupo di “Cappuccetto Rosso” non può essere quello della storia dei “Tre porcellini” o di “Zio Lupo”. Usando lo stesso lupo-burattino, i bambini finiscono per confondere gli eventi delle diverse fiabe. In realtà, ogni fiaba presenta un’immagine particolare di lupo: in “Cappuccetto Rosso” abbiamo un lupo cattivo, in “Zio Lupo”, invece, un lupo buono, che alla fine è quasi un eroe. Per questo, abbiamo caratterizzato i burattini di fiabe differenti in modi diversi, creando per ogni fiaba un gruppo particolare di pupazzi. Per quanto riguarda la realizzazione delle attività con i burattini occorre precisare che la risposta è molto variegata.
A Sorrivoli e successivamente a Saiano, abbiamo ricavato la baracca da una sorta di corridoio e poi da una piccola stanza.
Quelli erano gli spazi dove generalmente noi insegnanti facevamo spettacolo. I bambini, invece, vivono i loro spettacoli anche in altre situazioni non specificatamente da teatro (ad esempio sul tavolino) ed in forma ludica. Parlando poi dei momenti e dei tempi per la realizzazione delle attività con i burattini, abbiamo visto, durante l’anno scolastico, che i burattini servono moltissimo all’inizio della mattinata come introduzione alle attività di sezione. È una di quelle cose che riesce a creare unione fra i bambini e ad attirare la loro attenzione verso un determinato argomento. In altre circostanze, come in occasione di feste importanti (ad esempio per quella locale dell’11 novembre, festa di San Martino), lo spettacolo dei burattini realizzato da noi adulti ben s’inserisce nel clima festoso di tali ricorrenze. In realtà, non abbiamo mai voluto marcare un momento specifico per fare teatro dei burattini.
Cerchiamo al contrario di cogliere le occasioni più opportune e di rispondere alle richieste dei bambini.
Il teatro dei burattini come momento ludico e spettacolo teatrale.
È importante sottolineare che i bambini non devono essere forzati a realizzare uno spettacolo con una precisa storia da riprodurre fedelmente in tutti i suoi passaggi. Generalmente i bambini di tre, quattro anni amano giocare con i burattini; le vicende da loro rappresentate sono pertanto brevi e molto semplici. Solo i più grandicelli talvolta eseguono tutta la storia, ma solamente quando l’hanno vista varie volte, portata in scena da noi adulti. Il burattino, quindi, diventa per il bambino essenzialmente uno strumento per i suoi giochi di rappresentazione simbolica, del “far finta di…”. Se vogliamo, mentre nella situazione teatrale di gioco drammatico il bambino è un elemento di questa rappresentazione imitativa di vicende a lui familiari, nel burattino si attiva un aspetto in più, ossia la possibilità di poter facilmente esteriorizzare eventuali conflitti interiori. Il burattino, infatti, proprio perché è un personaggio “vivo” crea la situazione in cui il bambino può esprimersi interamente attraverso di lui. Inoltre generalmente, oltre a giocare con i burattini, i bambini li vogliono anche costruire. Ritengo, allora, che i burattini debbano essere realizzati con cura, con materiali resistenti e caratterizzati in modo evidente secondo le loro peculiarità. Con i bambini più grandi la fase della costruzione è molto importante.
Di certo per i bambini di scuola materna è indispensabile l’intervento e l’appoggio continuo dell’adulto. La struttura finale del burattino implica una manipolazione tale che il sostegno dell’insegnante è inevitabile; si dice allora “facciamo insieme burattini!”.
Anche nella fase della costruzione, come in quella dell’animazione, vengono rispettate e stimolate le capacità reali di questa età. Ricordo, ad esempio, un bambino dotato di una spiccata teatralità e di una enorme passione per i burattini. Si distinse talmente per questa sua predisposizione naturale che ricevette da noi adulti la tessera di “apprendista burattinaio”.
Le risposte psicologiche dei bambini di fronte al teatro dei burattini.
Ho sempre usato, senza alcuna remora, anche personaggi spaventosi. Non amo le storie sdolcinate, preferisco mettere in scena quelle con situazioni conflittuali e con personaggi marcatamente cattivi: “Cappuccetto Rosso”, “Biancaneve”, “Pollicino”. La prima reazione emotiva, nei bambini con alcune difficoltà, è quella di una grande paura. È importante che, in questi primi approcci al teatro dei burattini, sia presente anche un altro adulto o bimbi più grandi, capaci di tranquillizzare quelli più piccoli. Si distingue molto chiaramente la fase di “affronto del conflitto”: prima la paura, poi il pianto, infine la risoluzione finale collegata all’esito della storia stessa che vede il cattivo soccombere, avere la peggio per la vittoria dell’eroe. Anche il corpo dei bambini è coinvolto dalle reazioni emotive: inizialmente prevalgono le espressioni di paura e di tensione; alla fine, con la sconfitta del cattivo, si osservano quelle di una raggiunta tranquillità e di una evidente contentezza. Posso descrivere un caso significativo. Susy, una bambina particolarmente serena, manifestò tardivamente la crisi d’inserimento, e, mentre i primi giorni assisteva agli spettacoli dei burattini tranquillamente, in seguito arrivò persino a rifiutarli.
Decisi, allora, di permettere a Susy di assistere agli spettacoli in una forma molto velata, lasciandola “impegnata” nelle sue attività. In questo modo, aveva la possibilità di vivere il proprio conflitto in modo meno evidente, in una sorta di distacco dallo spettacolo, che lei poteva vedere anche se “occupata” dal suo disegno. Successivamente, Susy, ha superato il suo disagio emotivo ed è tornata agli spettacoli dei burattini. A commento di questo episodio, posso affermare che il burattino fa emergere i conflitti interiori. In realtà Susy riversava sul burattino del lupo la sua paura di essere abbandonata dalla madre. Non era il lupo a spaventarla, ma il timore di essere separata dalla figura materna.
Pian piano, però, Susy ha potuto scaricare tali tensioni ed è riuscita a controllarle e a superarle. Di esperienze simili ce ne sono tante. Terzo, un bambino di tre anni, manifestava un’evidente paura verso il lupo di Cappuccetto Rosso. Noi adulti, però, eravamo al corrente di una sua precisa difficoltà ad accettare la futura nascita del fratellino. Il lupo, quindi, risvegliava in lui tali sentimenti. Alla fine Terzo ha superato questo conflitto attraverso la costruzione di un suo burattino, si è reso, cioè, protagonista di una creazione, di una nascita. Anche Giovanni risultava un bambino in difficoltà. Un familiare profondamente malato, gli aveva limitato notevolmente i contatti fisici (baci, abbracci…).
Così emotivamente bloccato, Giovanni riuscì ad esprimere la sua affettuosità solo attraverso una lupa, di lui innamorata. L’abbiamo visto, pertanto, modificarsi radicalmente, aprirsi agli altri mediante l’attaccamento a questo burattino. Il burattino, infatti, è per me un “oggetto transizionale” con la possibilità di essere animato, capace di mediare la comunicazione con i bambini. Inoltre il teatro dei burattini ha la peculiarità di favorire anche la socializzazione. Durante i miei spettacoli osservo sempre l’attenzione dei bambini più grandi verso quelli più piccoli al fine di tranquillizzarli. Assisto anche all’atteggiamento di solidarietà che s’instaura fra il gruppo-spettatore, che prende posizione contro il personaggio cattivo della storia (non di rado sono divenuto il bersaglio di insulti, di provocazioni, di attacchi verbali…). Se un bambino è offeso dal pupazzo, gli altri subito lo difendono e così si viene a consolidare lo spirito amicale e sociale dei bambini.
Lo spettacolo dei burattini e le competenze d’animazione degli insegnanti. Credo che per fare i burattini occorra un apprendistato che dura negli anni. Il mio è stato un tirocinio quotidiano: tutti i giorni ho avuto un potenziale pubblico. Avere un pubblico di bambini è utilissimo. Ed anche se all’inizio ho realizzato spettacoli semplici, mi sono accorto che, per questa età, erano sempre ed egualmente interessanti. E soprattutto c’è stata, a mio parere, una crescita del rapporto dei bambini di Sorrivoli con le arti drammatiche.
A partire dalla mia esperienza didattica con i burattini, nel 1988 è stato organizzato a Sorrivoli il “Festival dei Burattini”: una occasione per il mondo infantile locale di potersi incontrare con le arti drammatiche e in particolare con l’arte burattinesca. Il teatro dei burattini è risultato, quindi, una valida alternativa alla televisione. Il burattino è un elemento che richiama l’epoca in cui, mancando la televisione, tali spettacoli erano destinati anche all’infanzia. Durante il “Festival”, tanti bambini, oggi come allora, vengono a vedere gli spettacoli, vengono però accompagnati dai genitori con una sorta di aggregazione familiare che molto spesso non c’è nemmeno davanti alla televisione. Al “Festival dei Burattini” si va con il nonno, con i genitori, mai da soli. Praticamente il “Festival dei Burattini” è nato dall’incontro del mondo della scuola materna di Sorrivoli con i burattinai, ed in tale contesto è sorta la Università dei Burattini, centro per la ricerca e la didattica sul teatro d’animazione, momento di incontro e confronto fra burattinai e insegnanti che intendono utilizzare le tecniche dei burattini nell’ambito delle loro professioni.
Foto di burattini e burattinai
Festival dei burattini di Sorrivoli
Compagnia teatrale Baracca & burattini
I burattinai romagnoli della nuova tradizione.
Dal 1987 la compagnia teatrale Baracca & Burattini, di Flavio Tontini e Gianfranco Zavalloni, portava sulle piazze, nei teatri e nelle scuole i nuovi burattini della tradizione romagnola.
Realmente esistiti nel cesenate, nella prima metà del ‘900, Pitin, Mangan (o Manacca) e Galina sono oggi conosciuti da bimbi, bimbe e adulti come personaggi del teatro dei burattini, portati in scena insieme alla prorompente Gapona, metafora della tipica “azdora” romagnola.
Autoironia, filosofia popolare, gag comiche sono lo stile teatrale dei nuovi burattini della tradizione che vivono avventurose vicende umane nella tipica baracca della compagnia, autocostruita in legno.
Ad introdurre gli spettacoli il presentatore Purè, un burattino nato dalla fantasia dei bambini della scuola d’infanzia e Tappo, comico aiutante di teatro, nato dalla esperienza del Festival dei Burattini di Sorrivoli.
Gli spettacoli erano portati in scena con la tecnica teatrale del canovaccio.
Gli attori seguivano una traccia, un itinerario, con una sorta di appuntamenti fissi.
E qui veniva dato spazio all’incontro con lo spettatore, col quale nasceva una relazione di battuta e risposta.
L’indispensabile risata era così assicurata sia a piccoli che a grandi ed era elemento essenziale alla riuscita dello spettacolo.
Il repertorio.
La compagnia Baracca&burattini ha realizzato diversi spettacoli di burattini tradizionali, rivolti ad un pubblico misto, di adulti e bambini.
Il repertorio prevedeva, diversi spettacoli, fra cui:
Fiabe della tradizione popolare
– Cappuccetto Rosso
– Zio Lupo
– Amici per la pelle
– La cantina dei miracoli
– Diavolerie in casa Manacca
– La cassapanca della Gapona
Repertorio Fotografio > http://www.flickr.com/photos/zavallonigianfranco/sets/72157612564619034
(qui si ritrovano foto della Compagnia Baracca & Burattini o collegate)
Meglio burattinai che …. burattini.
di Flavio Tontini
La creatività
“Perché non mi dai una mano con i burattini, qui siamo come in famiglia, i bambini ne sono appassionati, vedrai sarà facile e divertente.” Aveva ragione. Non c’è nulla da temere ed è davvero divertente. Mi piace a tal punto che la collaborazione con Gianfranco nella baracca fissa della scuola di Sorrivoli si ripete con altre rappresentazioni nelle settimane e nei mesi successivi. Le storie che portiamo in scena sono il semplice adatta- mento di fiabe della tradizione: Zio lupo, Cappuccetto rosso, o piccoli sketch nei quali il lupo finisce sempre per avere la peggio, tra le grida e per la gioia di tutti i bambini. I burattini sono quelli autocostruiti negli anni precedenti da Gianfranco e ci si limita a storie brevi, in genere adatte prevalentemente ad un pubblico di bimbi e bimbe dei primi anni. Non abbiamo ancora una nostra vera baracca con scenografie e accessori specifici e soprattutto, storie più complete. Di pari passo a queste occasionali esperienze scolastiche però, cresce in entrambi la “passione” per questa forma di teatro che offre la possibilità di dare libero sfogo alla creatività e alla fantasia.
Il teatro di figura è teatro completo, richiede a chi lo frequenta di saper mettere in campo un vastissimo repertorio di competenze sia intelletti- ve che pratiche. Occorre saper adattare o inventare testi, elaborare una precisa tipologia del “carattere” di ogni burattino, assegnando ad ognu- no di loro una propria vocalità e allenando a tale scopo la nostra voce per caratterizzare i diversi personaggi. Per la loro realizzazione poi è necessaria una grande manualità. Scolpitura del legno, sartoria, uso della cartapesta, intaglio della gommapiuma, pittura, concorrono all’allestimen- to degli spettacoli. Un vasto repertorio di manualità che Gianfranco utilizza con naturalezza, senza alcun timore. Tutto per me è invece più complicato. Per la mia formazione mentale, l’approccio alle novità deve esse- re sempre preceduto da un’attenta analisi delle possibili variabili. Ho sempre bisogno di un progetto. Gianfranco no, lui si muove come se avesse sempre fatto le cose. Come se conoscesse già i trucchi del mestiere. E’ questa una sua caratteristica che si manterrà sempre nelle tante cose che faremo nel tempo. Naturalezza e istinto da parte sua, prudenza e calcolo da parte mia.
Due condizioni le nostre, che serviranno a consolidare il sodalizio anziché 61 dividerlo, portandoci a vivere insieme esperienze di animazione, formazione e organizzazione di eventi, di grande soddisfazione per entrambi.
La scuola materna di Sorrivoli e lo stesso paese, diventano così il nostro laboratorio di sperimentazione. Cresce infatti nel tempo un intenso rapporto con i genitori dei bimbi della scuola materna, quasi tutti del paese, molto disponibili a seguirci nelle diverse proposte ludico-formative e con diversi giovani sorrivolesi, con i quali iniziamo a progettare alcune iniziative. Sorrivoli è entrato rapidamente nel nostro cuore al punto che Gianfranco vi andrà ad abitare ed anch’io, a lungo, cullerò lo stesso desiderio. Entrambi ritroviamo in questo piccolo borgo tra le meravigliose colline di Romagna un clima di accoglienza e di collaborazione che in quei tempi, ci fece sentire di essere noi stessi del posto.
Le occasioni per fare spettacoli rivolti non più solo ai bimbi ci viene dalle occasioni di qualche festa scolastica allargata alle famiglie o dalle ricorrenze paesane. Decidiamo così di fare il salto e uscire all’esterno con una nostra identità artistica. Progettiamo e autocostruiamo la nostra prima baracca. Ci troviamo di sera in alcune stanze presso la casa di Molino Cento a Cesena, dove vive la famiglia d’origine di Gianfranco. E’ in gran parte vuota in quei giorni perché ancora da completare ed è priva di finestre e di riscaldamento per cui la sera è alquanto freddo, ma questo non ci impedisce di lavorare con impegno e piacere. All’amico Vittorio Belli chiediamo di disegnarci un paio di fondali per l’ambientazione delle nostre storie, ovvero un interno di casa colonica e la piazza di un paese, mentre noi ci occupiamo del resto: la progettazione delle luci, i suppor- ti per i burattini, gli attacchi dei microfoni, il sipario e le quinte, il saliscendi per il fondale. Lavoriamo d’istinto come se avessimo già in testa ogni dettaglio. Alla fine il lavoro soddisfa entrambi e non vediamo l’ora di partire con il primo spettacolo. Gianfranco è più alto di me e così per evi- tare di dover tagliare un pezzo delle sue gambe decidiamo che io lavorerò allungando le braccia il più possibile e lui si metterà scalzo.
Tutto è pronto, manca solo il nome per la nostra compagnia. Non abbiamo dubbi, sarà “Baracca e Burattini”.
Sorrivoli e il Festival
È il 1987 e siamo nella “Casa nel bosco”. E una piccola vecchia casa di campagna che Gianfranco ha acquistato e che un poco alla volta, alme- no in parte, abbiamo assieme rimesso a nuovo. E’ un luogo speciale per- ché, pur essendo vicinissima a Sorrivoli e poco lontana da Cesena, pare sperduta in un posto lontano immersa com’è, a mezza costa all’interno di un bosco di querce e rubini. Sarà per anni il luogo dove verranno pensate, decise e organizzate gran parte delle nostre attività didattico-ludiche. Siamo sotto al portico della casa a goderci il fresco di un pomeriggio già caldo di mezza primavera. Beviamo rilassati una tisana alle erbe con biscottini rigorosamente integrali e lasciamo che il tempo ci scorra addosso, oziando.
“Quest’estate a Sorrivoli, in occasione delle giornate per la Festa della Madonna, perché non organizziamo una rassegna di burattini al Castello?” Ecco ci risiamo, Gianfranco non riesce a stare un minuto senza
pensare ad organizzare qualcosa. È più forte di lui, è nella sua natura. E
io come sempre freno, sollevo perplessità, dubbi. Come facciamo, non abbiamo una lira. Chi farà gli spettacoli? Lui invece è sempre possibilista. 63 È semplice, coinvolgiamo i ragazzi per la gestione di un ristoro con piadina, affettati, formaggi e vino. Un po’ di offerta libera all’ingresso e su, nel piazzale del castello in quel meraviglioso teatro naturale con le colline e le stelle per fondale, facciamo noi un paio serate, una serata la dedichiamo ad un lavoro che organizzeremo con i bambini della scuola e per l’ultima sera, una compagnia vera.
Non serve discutere, conosco ormai bene Gianfranco e non serve perdere tempo in ragionamenti. Quando butta là una proposta, così come se gli fosse venuta in mente in quel momento, in realtà l’ha già pensata e a te rimane solo da decidere se ci vuoi stare o no.
E come sempre, io ci sto’. Per la pubblicità dell’evento, pensiamo ad un piccolo depliant disegnato magistralmente e ovviamente “gratis” dall’amico Maurizio Montalti e poi, il passaparola, economico ed efficace.
Se qualcuno conosce Sorrivoli solo come è oggi, non può avere idea di cosa fosse allora. Non solo il “Castello”, ancora tutto da ristrutturare, con una miseranda vecchia cucina mal messa, i locali decrepiti e forse malsani, ma anche gli stessi rapporti con i paesani erano completamente diver-
si da quelli odierni. Fatta eccezione per i giovani del paese e i genitori dei bimbi della scuola materna, il resto del borgo, diffidava ancora di questi strani maestri e di questo tipo che a volte li accompagnava e che faceva- no fare ai bimbi attività incomprese ai più. Per non parlare poi di quelle iniziative su al Castello vissute, allora, come potenziali fastidi da tenere a distanza. Ciò nonostante si decide di procedere. I giovani si rendono disponibili a collaborare così come le famiglie dei bimbi e si parte. Comincia in questo modo, con naturalezza e come sempre per gioco, quello che diventerà, negli anni successivi, anche grazie all’ingresso di altre forze collaboratrici, il “Festival dei grandi Burattinai di Sorrivoli” al quale per anni, Gianfranco ed io abbiamo dedicato, con convinzione e vero amore, le nostre energie e il nostro tempo libero, ahimè non sempre ricompensati da una riconoscenza attesa.
Le teste di legno
Fino a questo momento abbiamo fatto spettacoli utilizzando i burattini in
cartapesta costruiti da Gianfranco per la scuola. Non è in realtà un problema. Il teatro d’animazione, infatti, offre la possibilità di servirsi dei più disparati materiali e qualsiasi strumento può essere utilizzato per fare animazione. Chi non ricorda, la breve, ma intensa animazione che Charlot inventa per far “ballare” due pezzi di pane infilati in due forchette nel film
“La febbre dell’oro”.
Se abilmente utilizzati, gli strumenti più disparati, permettono di creare una situazione magica che rapisce e incanta il pubblico. Ogni oggetto davvero, può essere animato al fine di creare una relazione empatica ed emozionale fra l’animatore e gli spettatori.
Quanta magia in quel fantoccio di cartapesta e stracci capace di trasformarsi per incanto in un vero e proprio personaggio animato, dotato di una sua autonoma personalità.
In ogni caso, Gianfranco ed io, cominciamo a sentire il bisogno di offrire al pubblico al quale vogliamo proporci, un tipo di spettacolo più completo. Non più solo brevi sketch ma vere e proprie storie, con una trama organizzata e personaggi tipizzati.
Si rende perciò necessario arricchire la nostra compagnia con burattini più “artistici”, burattini con teste di legno scolpito.
Flavio nella lavorazione della testa di legno
L’occasione ci viene offerta dal- l’organizzazione e dalla partecipazione ad un corso di scolpitura lignea condotto dal maestro Natale Panaro durante il festival dei Grandi Burattinai a Sorrivoli. E’ un corso pratico che si prefigge l’obbiettivo di insegnare le tecniche di lavorazione del legno; dalla sgrossatura del pezzo, alla realizzazione della testa di un burattino, finita di colorazione e capelli, mani comprese. Siamo perplessi, Gianfranco ed
io, di poter riuscire a realizzare, nel breve tempo di un corso, un prodotto apprezzabile. Ciò nonostante, partecipiamo con impegno. Le capacità di Natale, vero maestro di creati- vità nel trasferire competenze agli altri, sono talmente vaste che incredibilmente, più o meno tutti i partecipanti al corso, riescono a realizzare una testa finita. In questa prima occasione, Gianfranco realizza la testa di Pitin io, quella della Gapona; due dei futuri protagonisti di tutte le storie della nostra compagnia. Nelle settimane successive, lavorando alacremente nella casa nel bosco, entrambi presi da una “foga” creativa inimmaginata, realizziamo altre teste per nuovi personaggi. Nascono il presentatore Purè, l’aiutante di scena Tappo, la Minghina (la morte), il Carabiniere Calogero, Il Giudice, Il Cavalier Cipolla e poi Manaca che diventerà il mattatore delle nostre storie. Per la vestizione delle nuove teste ci avvaliamo della collaborazione di Pina, moglie di Raffaele, uno dei fratelli di Gianfranco, la quale realizza veri e propri mini abiti per i nostri burattini. Ora occorre progettare gli spettacoli e partire.
Tratto dal libro Disegnare la vita. I mondi di Gianfranco Zavalloni.
FULMINO Ed.2013
A Pennabilli
di Gigi Mattei
L’Istituto Comprensivo di Pennabilli è sempre stato una scuola periferica e questo comporta un alternarsi annuale o quasi di dirigenti. Quell’anno, eravamo nel 2003, dal provveditorato agli studi di Pesaro, da cui allora dipendevamo, arrivò la notizia che il nuovo dirigente si chiamava Zavalloni e sarebbe arrivato dalla scuola di Carpegna. Mai sentito. Incontrai una maestra di Pennabilli che aveva insegnato a Carpegna. Le chiesi che tipo fosse questo nuovo dirigente. Alla mia domanda lei s’illuminò di un bel sorriso e mi rispose: “Beati voi”. La risposta mi sembrò non avesse bisogno di ulteriori approfondimenti.
Il giorno del suo arrivo a Pennabilli poco prima dell’inizio dell’anno scolastico, aspettavo Gianfranco nell’atrio della scuola. Attraverso i vetri vidi arrivare e fermarsi davanti alla scuola una Pandina verdognola. Da quella piccola auto non finiva più di scendere un omone alto e robusto, era il nuovo dirigente Zavalloni Gianfranco: laureato in economia e commercio, maestro di scuola dell’infanzia per sedici anni, pittore, capo Scout, ci teneva a sottolinearlo, burattinaio, poeta, scrittore e dirigente scolastico. Una persona dai modi diretti e semplici, decisamente innamorata del suo lavoro. Il secondo giorno di scuola convocò alunni, insegnanti e tutto il personale nell’atrio della palestra dell’istituto, che fungeva da aula magna. Si notava davanti alla parete di fondo un baldacchino coperto di stoffa. Ci aspettavamo un saluto, un’autopresentazione, un augurio per il nuovo anno scolastico appena iniziato.
Invece a un certo punto in quel misterioso baldacchino si aprì un sipario, nel silenzio e nella curiosità generale apparvero quattro marionette che vestivano le mani abili e divertite di Gianfranco e di un suo amico bravo burattinaio. Al di là di ogni discorso e di consuetudini consolidate in questo modo Gianfranco si è presentato. Gli alunni si sono ovviamente divertiti e hanno molto gradito l’exploit del loro nuovo dirigente, una sorpresa che prometteva molto bene. Tra gli insegnanti ci fu chi colse il messaggio con entusiasmo: si sentiva un’aria nuova e fresca. Altri rimasero confusi e un po’ disorientati. Quell’aria nuova era un vento forse un po’ troppo forte che scompigliava i capelli e qualche certezza.
Tratto da I Quaderni della Lumaca amano