SCUOLA CREATIVA . sito dedicato a Gianfranco Zavalloni, intuizioni ... il suo cammino... per chi vuole proseguire
Arte Poesia e Bellezza

Arte Poesia e Bellezza

ADESSO VIENE IL BELLO
di Christoph Baker

Per decenni, il movimento ambientalista si è imbattuto nelle muraglie del pensiero razionale e tecno-scientifico. Ad ogni segnalazione del malfunzionamento del modello dominante, si alzavano gli scudi dei sacerdoti del positivismo e di quella arrogante pretesa di avere una soluzione a tutti i problemi nelle infinite espressioni del progresso. Chi vedeva chiaramente l’insostenibilità della visione economica della vita, rimaneva prigioniero del fatto che i fautori di tale visione insistevano (e insistono tuttora) a giocare solamente nel proprio campo. Troppo facile. Vivere con i paraocchi ti dà l’impressione di comprendere tutto quello che vedi. Non sai che non vedi che un quarto delle cose in quel modo.

Certo è più facile così: la visione economica della vita è semplicista, non contempla la complessità.
Questa innata complessità della vita e delle relazioni fra essere viventi.Gli ecologisti hanno provato e riprovato ad argomentare le buone ragioni di un ripensamento filosofico che riporti l’uomo ad un ruolo meno pesante, meno invasivo, meno violento. Il problema è che si è sempre provato di usare le “armi” dell’avversario, le armi della razionalità. Allora non ci può sorprendere che finora queste ragioni non abbiano realmente scalfito le certezze di chi continua indisturbato a spingere sull’acceleratore della crescita quantitativa. Forse abbiamo sbagliato approccio. Forse bisogna proprio lasciare perdere i tentativi di convincimento dell’altro attraverso i suoi mezzi. Qui, si tratta di sorprendere, di stupire, di sconvolgere le regole dominanti.

A partire di una denuncia precisa: questa modernità crea bruttezza. Dovunque uno si gira, si imbatte in qualche obbrobrio.
Non vi è quasi più una città al mondo che non sia caduta sotto l’orrore della cementificazione.
Lasciamo stare qui i discorsi soggettivi sull’architettura moderna.
Ma basta girare nelle strade di qualsiasi città vittima di un ammodernamento urbanistico dagli anni cinquanta in poi.
Palazzi e immobili grigi tristi sporchi dopo solo qualche anno. Scuole ospedali uffici pubblici che somigliano tutti a carceri e caserme.
E non voglio neanche menzionare qui l’entità dello scempio compiuto in certe regioni d’Italia con la proliferazione dei capannoni e delle fabbrichette (lo chiamavano “il miracolo”).
Dove un ciuffo d’erba è un ricordo sbiadito su una cartolina postale impolverata sopra al pensile.

Per un Italiano d’adozione, risulta difficile comprendere come abbiano fatto i nipoti e pro-nipoti di Leonardo, Michelangelo, Botticelli e Bernini a permettere lo scempio del Bel Paese. Quale cortocircuito ha permesso che si rovinassero interi paesaggi con colate di cemento?
Quale perversione ha sancito il trionfo dell’orrore laddove per secoli si è cercato solo l’equilibrio e l’armonia?
Perché all’entrata di quasi ogni paesello ci debbano essere orrende palazzine di quattro piani col tetto piatto e gli infissi in alluminio?
In questo scempio c’è molto di più di sola ignoranza. L’evidenza architettonica è emblematica di un menefreghismo e di un egoismo senza precedenti. Ognuno fa come gli pare, infischiandosene di come una propria azione possa influire sulla comunità. Gli altri s’arrangino come mi sono arrangiato io.
E viva l’intraprendenza individuale!

Ho anche negli occhi le famigerate banlieue francesi, quelle che “bruciarono” alcuni anni fa. Siete mai stati in posti come quelli?
Una incommensurabile tristezza accoglie l’abitante ogni volta che esce di casa. Torri di cemento in mezzo a colate di asfalto con il tentativo di sedare la cattiva coscienza degli amministratori e dei politici con scheletrici alberelli che stentano a produrre una foglia all’anno, ma che vengono accatastati come “verde urbano”.
Di verde nelle banlieue, c’è solo l’età dei futuri ribelli senza una causa.
Questo è stato il famoso e gettonato sviluppo economico e sociale dell’occidente. Quello che l’occidente è andato a esportare nel mondo.
Un modello avvilente che trasforma gli essere umani in anonimi zombie parcheggiati nelle zone ombra di una meravigliosa scintillante modernità. Per ogni insegna illuminata da colori fluorescenti, c’è un disgraziato che muore in fondo ad una fogna lurida che non figura sui piani di recupero del comune, perché semplicemente non esiste sulle mappe del comune. Non c’è bisogno di Dante per capire cos’è un girone infernale…

Bellezza, semplicità, natura

Siamo sempre più rinchiusi nelle nostre case, ad ubriacarci di TV, con pessimo vino: programmi televisivi demenziali, clonati.
E’ una lenta ed inesorabile assuefazione al brutto. Le città si costruiscono senza alcun criterio di bellezza ispirato alla natura: linee rette, cemento e immondizia…
Preferisco le aree selvagge, incolte, ricche di cosiddette erbe infestanti (quasi tutte con poteri medicinali) agli asettici giardini diserbati. Hundertwasser, di cui ho conosciuto in questi mesi le geniali produzioni di artista, architetto ed ecologista, diceva che l’arte è generatrice di bellezza, di armonia naturale, pace e gioia.

Alla globalizzazione della cultura (veicolata prevalentemente dalla TV), asservita al potere economico, egli contrappose una vita coltivando l’arte, la bellezza e concentrando in tutto questo la creatività umana. L’arte come legame fra l’uomo creativo e la natura.

Fabio Molari con le sue poesie descrive la bellezza della natura e delle persone semplici.
Dovremmo ritornare a scrivere poesie e dipingere.
Sempre Hundertwasser, nel 1949, a San Gimignano, dipinge – volontariamente in maniera semplice – “I girasoli”. Con quel dipinto voleva dimostrare che tutti possono dipingere.

Un grande gesto educativo.

La bellezza è di grande valore educativo.

Praticare la bellezza, semplificare, valorizzare tutto quanto è naturale: eccellenti scelte politiche!!

Non siamo per forza destinati alle produzioni di massa, standardizzatie e alle tecnologici sofisticati. In Romagna c’è chi ce lo ricorda. Il tegliaio di Montetiffi, con le sue teglie, fatte a mano, per cucinare la piadina. E la Bottega Pascucci, dove con tecnologie semplici, appropriate, si stampano a mano le tradizionali tele romagnole. Spesso mi reco con Fabio in questa fucina di arte, artigianato e poesia: un luogo dove si pratica la bellezza.

Gianfranco Zavalloni

I BURATTINI A SORRIVOLI

Alto era il luogo dove verso sera
salivamo per vedere i colori
del cielo e delle nubi mentre il sole
scendeva dietro i monti lentamente.
Era tempo di andare a prender posto
fin sotto la baracca risonante di canzoni,
e accese eran le luci;
giacevano in silenzio i burattini.

Con labbra e,occhi intagliati nel legno,
animati dall’arte del maestro,
salivate per dire alla ribalta
il segreto anche per noi segreto
del nostro riso e del nostro pianto;
pareva che la storia fosse eguale
ad altre nostre storie d’ogni giorno,
ma veniva il momento della prova
con mostri e fate, paure e bastoni,
violenze d’armi, magie di parole,
lumini accesi a fatica nel buio maledetto,
e poi aurore ed albe.

Interveniva a volte il temporale,
e si lasciava vuoto il posto amato
per scendere in un luogo riparato
come nel caldo del grembo materno.

Pareva che nell’ombra ritornasse
un giullare, oppure un cavaliere
con la figlia chiamata Roverella,
a darci il gusto di provar paura
mentre piccoli rivi all’improvviso
inumidivano il colle assetato
e galoppavano le nostre fantasie
coi burattini, in Sorrivoli, la sera.

GIOVANNI CATTI Bologna/Cesenatico 3 giugno 2000