SCAUTISMO ED EDUCAZIONE ALLA PCE
L’esperienza italiana dell’AGESCI
relazione tenuta a in occasione del convegno nazionale sul tema
Scautismo ed educazione alla pace (Verona 17-18 ottobre 1997)
Raccontarsi: l’importanza della autobiografia
Io credo che ognuno di noi dovrebbe, quando interviene su temi come questo della educazione alla pace, fare ciò che ha fatto spesso Baden Powell (l’ideatore del metodo educativo dello scautismo), scrivendo i suoi testi sullo scoutismo, fare cioé autobiografia. In poche parole è ciò che cercherò di fare anch’io… per trarre poi alcune riflessioni sulle esperienze di educazione alla pace nelle diverse branche.
La mia esperienza scout inizia nel marzo del 1965 come lupetto.
Dal 68 al 72 sono negli esploratori: sono anni di grande rinnovamento.Nello scoutismo italiano si iniziano ad affrontare temi come la comunità capi, la collegialità, la coeducazione, l’assistente ecclesiale come un capo fra i capi.
Dal 72 al 76 sono nella Comunità R/S, che nel frattempo era divenuta da ASCI, AGESCI.
Nel 1980 c’è l’incontro con i movimenti nonviolenti: Massafra e la comunità dell’Arca, il Movimento Nonviolento, il Movimento Internazionale di Riconciliazione, l’esperienza di Don Milani a Barbiana e naturalmente Lettera ad una professoressa.
Dal 1982 a tutt’oggi sono Obiettore di Coscienza alle Spese Militari. Mi laureo nell’84 in economia e commercio con una tesi di laurea col professore Carlo Doglio, ordinario di Organizzazione e Pianificazione Territoriale all’Università di Bologna. Doglio è un anarchico-nonviolento, lavora con Olivetti nell’esperienza di Comunità negli anni 50, va poi in Inghilterra dove conosce personalmente E.F.Schumacher di cui traduce Piccolo è bello. Lavora poi con Danilo Dolci a Partinico… La mia tesi di Laurea è sulle Tecnologie Appropriate nelle Ande peruviane. Per questo resto in Perù per 6 mesi vicino ad alcuni amici capi scout che stavano facendo l’esperienza di volontariato internazionale nel MLAL, Movimento Laici America Latina.
A Cesena,all’inizio degli anni ’80 (sono gli anni della base nucleare di Comiso) oltre a fare il capo scout nelle diverse branche, metto in piedi con alcuni amici il Centro di Informazione Nonviolenta. Una realtà che ben presto si interroga su “quali violenze le donne e gli uomini romagnoli vivono nel quotidiano”. Ci si chiede che cos’é violenza nel luogo in cui viviamo? Violenza che significa tumori,nitrati nell’acqua, pesticidi nella frutta e verdura, concimi chimici gettati nel terreni…. Da qui è nata l’idea e l’ipotesi dell Tecnologie Appropriate e di un centro che lavori su queste tematiche.
Dal 76 al 90 ho fatto servizio attivo con i ragazzi in tutte le Branche. Poi ho fatto l’esperienza per 6 anni, dal 90 al 96, come Capo Redattore di Giochiamo.
Professionalmente ho fatto per 17 anni “il maestro nella scuola materna”.e oggi sono direttore didattico a Moena, in Val di Fassa, zona di minoranza etnica e linguistica ladina. Devo con franchezza affermare che la mia esperienza di maestro e di Direttore Didattico deve molto alla mia “esperienza scout”. Ad esempio la formazione come capo-scaut mi è servita tantissimo al mio fare il maestro e oggi il direttore. Attualmente sono incaricato nazionale del Settore Pace-Nonviolenza-Solidarietà dell’AGESCI.
Esperienze semplici ma concrete
A proposito della pace, dice Baden Powell (B.P.)
“Ricordiamoci che stiamo formando i nostri più giovani cittadini in un modo nuovo, eppur urgentemente necessario per la pace nel mondo. La pace non può essere assicurata interamente da interessi commerciali, alleanze militari, disarmo generale o trattati bilaterali, se lo spirito di pace non è presente nella volontà e nell’animo dei popoli. È una questione di educazione.”
Quali sono le esperienze fatte in questi anni nelle tre branche dell’AGESCI?
Ecco qualche esempio:
Un Branco della Lombardia si impegna per capire che cos’è il Piano Regolatore Generale (PRG). È una esperienza di studio che porterà a predisporre da parte del Branco un proprio Piano Regolatore, a misura di bimbe e bimbe.
Pacchi per la pace
È l’esperienza di raccolta e di invio di pacchi contenenti materiali didattici ai bambini profughi nei campi di rifugiati in Somalia.
Sempre in campi profughi delle popolazioni colpite dalla guerra nei Balcani, diverse alte squadriglie hanno svolto in questi anni attività di animazione con i bambini. In alcuni periodi, poi, viene offerta l’ospitalità ai bambini profughi nei reparti e branchi
Ogni anno centinaia di scout prestano servizio civile come obiettori di coscienza al servizio militare in molte strutture pubbliche e private.
Molti di questi svolgono il proprio servizio nelle strutture Caritas, l’ente che a livello nazionale ha la convenzione con il Ministero della Difesa per il maggior numero di obiettori. A S.Angelo dei Lombardi, in Irpinia, nel 1980, ci fu un terribile terremoto. E’ in quell’occasione, dopo l’intervento delle squadre di protezione civile, che inizia l’esperienza di servizio civile degli obiettori di coscienza scout. È anche questa una scelta per essere “buoni cittadini”.
L’esperienza degli obiettori di coscienza al servizio militare si concretizza anche nei vari centri operativi.
I Centri Operativi sono nati con l’obiettivo di far vivere una proposta significativa, ai capi che scelgono di fare servizio civile. Il primo centro storico è quello di Firenze: il Centro Arcobaleno. Qui c’è un vero e proprio centro di accoglienza per cosiddetti “senza fissa dimora”. Ma questo luogo è stato anche “fucina”, “scuola” e “route” per molti capi che qui hanno svolto il loro servizio. Poi c’è il Centro Azimut, ad Alessandria, che ha come indirizzo primario il servizio in comunità per minori. A Reggio Calabria è attivo Il Gelsomino, un Centro di Documentazione sui temi della pace. La convenzione fra AGESCI e Ministero della Difesa prevede, a livello nazionale, l’impegno di servizio per 15 obiettori di coscienza.
“A light for hope”.
E’ un progetto di educazione multiculturale che si concretizza in piccole azioni di pace, utili ad armonizzare il gesto con il pensiero. Il progetto mira a coinvolgere Lupetti e Coccinelle nel gesto simbolico di accendere una notte al mese una candela che rappresenta “una luce per la speranza”. È la speranza e la preghiera per la pace, a partire da quei luoghi che più di altri rappresentano il conflitto in atto: Sarayevo, Gerusalemme… È anche un progetto per educare alla lettura in un orizzonte multiculturale con una attenzione al mondo religioso ebraico, cristiano e musulmano.
È una proposta di pace, di giustizia e di solidarietà. Per un anno la persona si dedica completamente al servizio degli altri. Destinatari della proposta sono le ragazze di età superiore ai 18 anni. E’ una delle tante maniere per “servire la patria”, in maniera nonviolenta. E’ una scelta di cultura, che sposta l’attenzione dalla cultura del profitto a quella della gratuità, dal consumismo alla sobrietà, dall’individualismo alla condivisione. Alcune ragazze, dopo l’esperienza della Comunità R/S, hanno già scelto di fare questa esperienza. Altre si preparano a farla.
Il muro della pace (educazione alla pace): gli scout presenti agli accordi di pace in Salvador
Caro Sindaco ti scrivo…
È l’esperienza di quasi 200 Lupetti e Coccinelle che scrivono ai loro futuri sindaci. Siamo nella primavera del ’90 e quasi tutti i sindaci delle più grandi città d’Italia ricevono le lettere dei bambini e delle bambine, attraverso la redazione di Giochiamùo.
Quasi tutti i sindacoi rispondono personalmente all’iniziativa.
I progetti di solidarietà internazionale in Bosnia, Croazia, Slovenia (Gabbiano Azzurro) e Albania. Con l’inizio della guerra e l’arrivo del primo grosso contingente di bambini profughi bosniaci in Croazia, inizia l’azione di solidarietà degli scout, impegnati soprattutto nell’animazione.
La presenza di capi e di rover/scolte si esprime in circa 20 campi profughi in Slovenia e Croazia, oltre che in Italia.
Dal ’96 con alcuni capi marchigiani inizia anche la presenza a Sarajevo, in Bosnia e nell’estate del 97 sono iniziati i primi campi di lavoro nella stessa città.
L’orfanotrofio Skela a Valona.
Il 15 febbraio 1997 l’AGESCI ha firmato col il Ministero dell’Assistenza sociale della Repubblica d’Albania un protocollo d’intesa. Dopo 5 anni dal nostro primo intervento, l’associazione è ora coinvolta pienamente nell’Orfanotrofio Skela, a Valona, in Albania, dove vivono circa 30 bambini.
Il nostro intervento si basa essenzialmente in:
• un sostegno alimentare,
• la fornitura di materiali didattici,
• l’assistenza sanitaria,
• la formazione professionale.
Si effettuano anche campi di animazione in Albania, in collaborazione con le missioni albanesi e con la Caritas. In Albania l’Agesci è anche impegnata insieme all’ufficio mondiale del guidismo in un progetto per lo sviluppo del guidismo/scautismo. L’idea è di creare una associazione che dia la possibilità a bambine/bambini, ragazze/ragazzi, e giovani di poter organizzare per loro e per altri iniziative che sviluppino le loro capacità fisiche, intellettuali…ed essere così “buoni cittadini di oggi e di domani”.
Cos’è pace e che cos’è educazione alla pace.
Che cos’è pace? Che cos’è assenza di pace?
In questi ultimi tempi si parla tanto di pace. Se ne parla nei trattati internazionali, si marcia per la pace, si festeggia per la pace, si chiede ai governi la pace. Chi, come noi, si interessa di problemi inerenti l’educazione dei bambini, certamente ha avuto occasione più di una volta di avere a che fare in maniera più o meno diretto con situazioni che richiamano alla pace, o meglio alla parola pace. Tutti, in coscienza, ci siamo – comunque – trovati prima o poi a fare scelte che favorivano o meno il cammino della pace. Pensiamo solo per un attimo ad una situazione in ci due bambini hanno litigato fra di loro e noi interveniamo invitandoli a……fare la pace”! Ma cosa si intende per educazione alla pace?
Aldo Capitini così si esprime a proposito dell’educazione:
… impegnare nella lotta per la pace quelle virtù di eroismo, solidarietà, disinteresse, lealtà, dedizione, quel senso romantico dell’avventuroso e dell’inconsueto, che se trovano soddisfacimento nelle guerre di tipo cavalleresco, non è affatto vero che possano più essere considerate virtù militari (se mai lo sono state e se esistono “virtù” specificatamente “militari).
Ettore Masina, circa 15 anni fa così definiva il termine pace:
“La condizione di un luogo, di un popolo, di un’epoca storica in cui non soltanto non vi é guerra guerreggiata, ma non esistono violenza dell’uomo sull’uomo, o di un gruppo su altri gruppi; anzi, tutti gli uomini e le donne si sentono corresponsabili del destino dei loro simili e cercano di aiutarli vicendevolmente a sviluppare le proprie potenzialità e raggiungere la felicità”.
Provando a fare una sintesi di queste due definizioni provo a formulare una definizione.
Educare alla pace vuol dire:
“impegnarsi per suscitare fin dai primi anni di vita di un uomo ed una donna quelle virtù eroiche di solidarietà, altruismo, lealtà, senso di avventura e di inconsueto che permettano così ad un popolo di vivere in un luogo ed in un epoca storica sentendosi corresponsabile del proprio destino e del destino di altri popoli e cercando di aiutarsi vicendevolmente a sviluppare le proprie potenzialità per il conseguimento della felicità di tutti”
Cosa significa questo nell’ottica scout.
Cosa vuol dire educare alla pace con bambini scout dagli 8 agli 11 anni, cioè Lupetti eCoccinelle, oppure con ragazzi dai 12 ai 16 anni, cioè Esploratori e Guide ed infine con giovani dai 16 ai 20 anni, cioè Rover e Scolte.
Indubbiamente, avendo come riferimento la definizione di pace usata poc’anzi, porsi nell’ottica di educare alla pace significa prima di tutto cercare di eliminare ogni tipo di violenza che ancora c’é fra noi adulti e i ragazzi. Ma c’è un secondo aspetto ugualmente fondamentale: è il sentirsi corresponsabili del destino dei bambini e delle bambine, soprattutto per quel che riguarda lo sviluppo delle loro potenzialità. E’ evidente, a questo punto che per saper sviluppare le “potenzialità” di bambini e bambine, la prima cosa da fare é porsi in ascolto, cercare di capire i loro bisogni, le loro esigenze; le loro aspettative quotidiane. E’ quello che intende B.P. quando dice “chiedetelo ai ragazzi!!”.
Ecco quindi un primo passo da compiere: prendere coscienza che ogni bambino e ogni bambina, nella sua originalità, è una persona che globalmente dovrebbe vivere (e nei migliori di casi vive) tantissime esperienze attraverso il proprio corpo, nell’incontro con gli altri, inserito in un ambiente.
Arrivo qui, un po’ per forza, ai fondamenti della proposta educativa dello scoutismo, proposto dagli scritti e dall’esperienza di Baden Powel e tradotti nelle unità Agesci:
1. E’ un metodo attivo, dell’imparare facendo “per prova ed errore”. E’ il primato dell’esperienza, una esperienza fatta con l’uso di mezzi poveri, in un’ottica di semplicità.
2. E’ un metodo che vede i giovani veri soggetti della loro crescita, secondo il principio dell’autoeducazione, riconoscendo nei giovani valori, aspirazioni, difficoltà e tensioni.
3. Tiene conto della globalità della persona, dell’armonia con il creato e nel nostro caso in una visione cristiana della vita.
4. L’educazione scout ha posto come fondamento formativo i cosiddetti 4 punti di Baden Powell:
• la formazione del carattere
• la salute e la forza fisica
• l’abilità manuale
• il servizio al prossimo
Cosa significa tutto questo?
Come si esprimono questo concetti nelle diverse “branche” in cui è strutturato il lavoro scout? Ecco allora quelle che io considero, dal punto di vista del metodo scout, le “parole chiave” per capire lo scoutismo nell’ottica della educazione alla solidarietà. :
• l’ambiente fantastico
l’ambiente fantastico è la necessità di parlare e operare per una educazione alla pace e alla solidarietà usando un canale comunicativo a presa diretta, a misura di bimbi e bimbe, cioè immediatamente capibile da quella fascia di età che va dagli 8 agli 11 anni. Il linguaggio fantastico dell’ambientazione giungla o bosco, offre ai bambini lupetti e coccinelle un messaggio simbolico del possibile, della potenzialità pensata ma anche raggiungibile. Sapete quanto questo incide sulla personalità di una persona per quel che riguarda la possibilità di modificare, di pensare un mondo, una società diversa.
• il gioco
è a mio parere uno dei punto principali dell’educazione scout, soprattutto nell’ottica di formare persone che abbiano coraggio e che sappiano non avere o superare ogni paura.
Anche il gioco abitua al cambiamento a “lasciare il mondo migliore di quello che abbiamo trovato”.Fa sì che ci si senta davvero partecipi di un processo in cui poco prima si era perdenti e ora, anche grazie a quel 5% di buono che ciascuno di noi possiede, si diviene vincenti. Anche chi ci viene contro, l’avversario, il nemico ha il 5% di buono
Giocarsi nella mischia senza aver paura! E’ questo comunque l’aspetto fondamentale a cui abitua il gioco. E guardate che la paura è all’origine di tutti i conflitti.
• la legge e la promessa
abituano i ragazzi ad un impegno etico profondo, preso prima di tutto con sé stessi, all’interno della comunità in cui si è inseriti, con uno spirito che ci lega a tutti i fratelli scout e a tutti gli uomini.
• l’impresa e la squadriglia
è una vera e propria avventura “vivere insieme”. Una esperienza ideata, progettata realizzata, interpretata (nel bene o nel male) e gioìta con la fiesta finale. Ditemi se questa non è, in una prospettiva adulta quello che gli anarchici libertari e socialisti definivano “mutuo appoggio”, oppure nella centenaria esperienza solidaristica trentina “cooperazione” o come oggi qui affermiano: “solidarietà”.
• le abilità manuali
in una società schizofrenica, dove gli uomini e le donne perdono spesso la globalità di un approccio all’intorno, dove la divisione delle mansioni lavorative ha creato squilibri psico-sociali, recuperare una interdipendenza fra pensiero e azione, fra il fare e il pensare, fra l’agire e il riflettere, permette di contribuire a ricucire una frattura profonda. E’ in fondo anche quello che diceva Gandhi quando affermava che il lavoro manuale è il dovere di ogni uomo per guadagnarsi da vivere. “Ogni uomo e ogni donna -diceva Gandhi-deve lavorare per vivere…. L’idea è che ogni persona sana deve lavorare abbastanza da prodursi il proprio cibo, e le sue facoltà intellettuali devono essere utilizzate non per trovare mezzi di sostentamento o per mettere da parte un capitale, ma solo al servizio dell’umanità…
I milioni di persone affamate chiedono una sola poesia: del cibo fortificante. Ma non gli può essere dato, devono guadagnarselo. E possono farlo solo con il sudore della propria fronte. Il lavoro intellettuale è importante ed ha un posto indubbio nel quadro della vita. Ma ciò su cui insisto è la necessità del lavoro fisico. Nessun uomo dovrebbe essere libero da questo obbligo. Dio creò l’uomo perché si guadagnasse il suo cibo e gli disse che quelli che mangiavano senza lavorare erano dei ladri”
• la buona azione e il servizio
La Buona.Azione. è indubbiamente una delle caratteristiche dell’esperienza scout fin dalla esperienza di Lupetti e Coccinelle. A mio pare questa esperienza educa al senso del gratuito al fatto che possa esistere qualcosa di non monetizzabile… e poichè le guerre nascono sempre e quasi esclusivamente per questioni economiche, pensare che “si possa fare esperienza di lavoro, di impegno e di fatica senza essere pagati” è indubbiamente una molla fondamentale per l’educazione alla solidarietà. Pensiamo solo per un attimo a quello che oggi sono le esperienza delle “banche del tempo”.
• la progressione personale
estote parati, siate pronti. Ognuno è protagonista della propria esperienza di “auto-educazione”. È il senso della responsabilità, del saper camminare con le proprie gambe, di “saper guidare la propria canoa”.
• la topografia
E’ l’arte di saper leggere le carte e di sapersi orientare. Quante persone che non siano state scout e che di professione non facciano i geometri sanno leggere una cartina topografica? Storicamente questa competenza era appannaggio del principe “commerciante” o del principe “condottiero”. Quella del geografo era in sostanza una professione a servizio dei potenti, che dovevano saper conoscere e padroneggiare i luoghi in anticipo, per poterli o conquistare militarmente e poi sottometterli economicamente. Non a caso l’ultima grande rilevazione cartografica fatta sul territorio italiano é stata realizzata alla fine degli anni trenta dall’Istituto Geografico Militare (I.G.M.). In quell’occasione è stata fatta una mappatura dettagliata di tutto il territorio nazionale e sono state realizzate le cosiddette carte topografiche al 25.000. Quelle che poi usano gli scout. Questa esperienza è fondamentale per sapersi orrizontare nel mondo e soprattutto nel proprio territorio. Anche questa è educazione alla: pace.
• la vita comunitaria
E’ una esperienza educativa rivolta alla persona che vive insieme ad altri in una comunità. Non ci si rivolge genericamente al gruppo, ma si ha fiducia nella persona e nelle sue potenzialità che esprime insieme in una piccola comunità. E’ quello che diceva Don Milani quando affermava che “aveva amato solo poche persone perchè non si poteva amare l’umanità senza amare persone col loro nome”.
• l’ambiente naturale e la vita all’aperto
in una società sempre più antropizzata…è sempre più rara l’esperienza di un contatto con l’ambiente naturale. Quanto queste incide nella vita di ciascuno di noi. Vorrei solo per un attimo ricordare a tutti l’esperienza che ci ha lasciato una traccia indelebile: la famosa “austerity” del ’73.
• la veglia alle stelle
il senso del proprio limite. Una società che non si pone limiti che non opta per una sostenibilità e una durata nel futuro è uno società egoista. Restare fermi, all’aperto, durante le ore notturne, in un luogo lontano dalle città. È una esperienza che matura in noi il senso del “limite” che, in una società come questa, è sicuramente fondamentale.
• la dimensione etnica o bioregionalista
oggi non possiamo lasciare ad alcune forze politiche la prerogativa del “locale” e del “decentrato”. Lo scoutismo, così come è organizzato, è di fatto una associazione basata sul decentramento. Le Comunità dei Capi-Educatori sono nei quartieri, nelle Parrocchie…sperimentando la forza del “piccolo è bello”. È quella che io definisco prospettiva bio-regionalista o etnica. È nel locale che ci si educa alle proprie radici, alla propria “lingua madre” (non chiamiamola più dialetto), alla conoscenza delle proprie tradizioni… per poter poi incontrare l'”altro”.
• il capitolo
è una modalità educativa si basa sull’itinerario veder – giudicare -agire. È l’ottica con cui ci si muove con i ragazzi delle nostre unità R/S, ma direi anche in quella esperienza finale che è la partenza, cioè l’uscita dall’esperienza educativa scout:
* prendere coscienza dell’esistenza di vari conflitti un conflitto che può viversi nel personale e nell’interpersonale (cioà nel quotidiano, nelle piccole cose…) ma può essere anche un conflitto etnico, religioso, sociale, epocale (la nostra società e quella dei nostri nipoti o pronipoti) continentale (nord-sud).
* informarsi, documentarsi, senza essere superficiali, ma andando alle radici del problema, per cercare di capirlo fino in fondo
* cambiare stile di vita, atteggiamento, modalità di approccio ai temi e ai problemi.
Questo ultimo aspetto, che si riferisce soprattutto all’ultima fase educativa scout cerca di far riflettere i ragazzi anche sulle loro prospettive professionali dove si punta a far capire l’importanza di “essere competenti” per meglio servire gli altri, non per “competere”.
Tutto quanto detto fino ad ora ha significato per i ragazzi avere un contatto e una conoscenza con realtà che fino a pochi anni prima sembravano a lorolontane. Nel concreto di questi anni pensiamo in particolare alla problematica dei campi-profughi? Alle guerre dei Balcani. Constatare la problematica del conflitto interreligioso e interetnico è un elemento per riflettere e per progettare quella che sarà (e già in parte lo è) la società multiculturale e multireligiosa.
• il campo estivo, l’hike, il challenge, il deserto
Non mi posso qui che riferire all’idea che Gandhi prima e Schumacher poi definiscono come “tecnologie appropriate”
È la scelta che politicamente opta per un modello di società sostenibile.
• educare all’ambiente
la scelta di intervenire in operazioni di emergenza e protezione civile. Dal Vajont a Firenze, dal Friuli all’Irpinia e oggi in Umbria e nelle Marche. È qui che è nata la prima esperienza di Obiettori diCoscienza Scout. Educare alla difesa della propria patria, cioè della terra dei padri, in sostanza alla difesa popolare civile
• fare strada insieme
è l’esperienza del con-dividere, del camminare al ritmo del più debole, del portare insieme pesi dell’altro, di colui che in quel momento è in difficoltà.
Pace, nonviolenza e solidarietà: l’esperienza dell’AGESCI
Il settore pace, nonviolenza e solidarietà è nato nell’AGESCI:
• per informare e orientare gli associati verso scelte di pace, nonviolenza, obiezione di coscienza, servizio civile, volontariato sociale e solidarietà internazionale
• per collaborare con gli incaricati al metodo, agli interventi formativi e alla formazione capi per realizzare iniziative educative e formative
• per curare le relazioni utili per una presenza significativa su questioni di pace, nonviolenza, solidarietà e col Ministero della Difesa per la gestione del servizio civile
• per mantenere il collegamento con le regioni per coordinare, sostenere e divulgare esperienze particolarmente significative in questo settore (dal regolamento AGESCI)
Questo settore, quindi, oltre a dar voce alle iniziative di cui sopra abbiamo parlato, cerca di far emergere nuove attenzioni sulm tema generale della pace e della solidarietà. Ad esempio ci si interroga sul perchè di una esperienza di solidarietà internazionale
• per attivarci in un percorso di educazione alla pace in un’ottica multiculturale
• per imparare ad entrare in relazione
• per imparare a conoscere meglio la nostra identità e l’identità dell’altro
• per imparare a scoprire affinità e differenze e valorizzarle come modalità di interazione
• per imparare a comunicare sia tra vicini che tra lontani
• per scoprire la vicinanza presente, rispetto ad altre vicinanze
COME DISPORCI a fare l’esperienza
• chiariamoci progressivamente l’esperienza che si andrà a fare
• decidiamo le “cose” da fare affinché l’esperienza sia compiuta
• impariamo ad essere umili ed imparare quant’è importante informarci per capire meglio
• chiediamoci cosa vogliamo fare di positivo per noi stessi
• interroghiamoci su che cosa sarà cambiato in noi quando avremo fatto l’esperienza
• chiediamoci quanto dipende da noi e che cosa fare per raggiungere la nostra metà
• studiamo i modi per comunicare agli altri l’esperienza fatta
L’IMPORTANZA DI INTERPRETARE i cambiamenti suscitati in noi dall’esperienza
• quali atteggiamenti mentali ha messo in movimento l’esperienza ?
• quali nuove consapevolezze e atteggiamenti mentali sono maturati in noi?
• quali novità ha portato l’esperienza nel nostro sistema di convinzioni e di valori?
• quali gesti e azioni concrete ha suscitato in noi l’esperienza?
• cosa è cambiato nel nostro stile di vita…” (questa griglia è stata utilizzata in occasione di incontri di formazione in preparazione ai campi di lavoro all’estero)
Si partecipa poi allaTavola della Pace è un coordinamento di enti e associazioni che si occupano di pace, sviluppo e solidarietà.
Nato nel 1996 collega enti locali, istituzioni (ONU, UNDP, ecc.) all’associazionismo. L’idea è quella di essere un luogo di discussione e confronto alla pari
Fra le tante iniziative che realizza c’è la Marcia della Pace Perugia Assisi e i Forum internazionali.
Il contributo Agesci: portare la propria esperienza e proporre una costate attenzione agli aspetti e ai problemi educativi, oltre alla gestione delle comunicazioni (pagina web su Internet).
C’è poi l’obiezione di coscienza alle spese militari.
E’ il 1849, negli Stati Uniti, Henry David Thoreau, ascoltando la sua coscienza, disobbedisce e non paga l’imposta federale per finanziare la guerra. Inizia così’ la storia dell’obiezione di coscienza alle spese militari. Nel 1981, in Italia, l’idea dell’obiezione di coscienza alle spese militari si organizza e diviene una campagna nazionale promossa da diverse associazioni pacifiste.
Molti, fra gli obiettori fiscali, gli scout.
Un obiettore fiscale alle spese militari compie un gesto di “disobbedienza civile” che consiste nel rifiuto di pagare quella quota di imposte che si utilizzerebbe per le spese militari o per particolari scopi bellici che entrino in conflitto con la propria coscienza.Non è evasione fiscale: la somma “sottratta” al fisco viene convogliata in un fondo consegnato poi al Presidente della Repubblica per scopi di pace.
Reti telematiche per la pace.
Nel settore Pace-Nonviolenza-Solidarietà si sta dando anche spazio alla comunicazione via telematica. Questo permette di entrare in rete con le associazioni di base che lavorano per la pace, la solidarietà, l’ambiente.
E’ in preparazione una “mailing list” del settore e una pagina Web su scautismo, pace, nonviolenza e solidarietà. Sarà così possibile accedere, in maniera decentrata, ad informazioni e documenti.
Infine pace significa anche “far pace col pianeta terra”.
Nell’associazione sta crescendo l’attenzione sui temi dell’economia. Oggi i termini nord e sud non sono solo un riferimento geografico ma economico e sociale.
Sono il paradigma della contrapposizione tra ricchezza e povertà del mondo, tra benessere e miseria, tra lavoro dignitoso e lavoro in situazioni di sfruttamento.
La sfida educativa per noi allora è quella di preparare uomini e donne capaci di orientarsi in questo panorama.
Oggi è fondamentale imparare a distinguere e scegliere le cose veramente essenziali”.
La proposta educativa scout è anche educazione all’essenzialità e alla mondialità, al consumo critico, all’uso etico dei soldi, ad una convivialità ecologica col pianeta terra.
Fra le esperienze che il settore sostiene, in questo ambito, c’è quella di un “aula integrata all’aperto” che in questi anni si sta realizzando a Cesena.
Gianfranco Zavalloni
Incaricato Nazionale del settore
Pace – Nonviolenza – Solidarietà dell’AGESCI
(dal gennaio 1997 all’ottobre 1998)